Il G7 ha monopolizzato l’attenzione dei media di regime che ci hanno regalato perle inarrivabili di servilismo sia nei confronti dei soliti noti che della piccola fiammiferaia che ha cercato in tutti i modi di diventare la nuova madonnina Ferragni del popolo italiano.
Chiunque abbi un minimo di cervello avrà notato lo sfacelo di un summit al quale hanno partecipato simulacri di un potere geopolitico che fu.
Se vi volete fare due risate potete leggere le trentasei pagine di nulla del documento conclusivo del vertice al quale ha anche partecipato Bergoglio, così, giusto per vedere l’effetto che fa.
Qui trovate il documento: https://www.g7italy.it/wp-content/uploads/Apulia-G7-Leaders-Communique.pdf.
Ma non siamo qui per parlare del G7, anche se invito il lettore a far un salto sul mio canale YouTube dove potrà visionare un paio di perle alla mia maniera.
Oggi condivido la traduzione di un articolo pubblicato qualche giorno fa sul sito nasdaq.com nel quale si racconta quella che dovrebbe essere la notizia delle notizie ovvero la fine dell’accordo cinquantennale tra Arabia Saudita e USA che sancì il dominio del cosiddetto petrodollaro.

Il patto del petrodollaro USA-Arabia Saudita termina dopo 50 anni

L’accordo cinquantennale sul petrodollaro tra gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita è stato appena lasciato scadere. Il termine “petrodollaro” si riferisce al ruolo del dollaro USA come valuta utilizzata per le transazioni di petrolio greggio sul mercato mondiale. Questo accordo affonda le sue radici negli anni ’70, quando gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita raggiunsero un accordo poco dopo l’uscita degli Stati Uniti dal gold standard che avrebbe avuto conseguenze di vasta portata per l’economia globale. Nella storia della finanza globale, pochi accordi hanno prodotto tanti benefici quanto il patto del petrodollaro per l’economia degli Stati Uniti.

Un vantaggio per le obbligazioni statunitensi

L’accordo sul petrodollaro, formalizzato dopo la crisi petrolifera del 1973, stabiliva che l’Arabia Saudita avrebbe prezzato le sue esportazioni di petrolio esclusivamente in dollari USA e avrebbe investito i proventi petroliferi in eccesso in titoli del Tesoro statunitense. In cambio, gli Stati Uniti fornirono sostegno militare e protezione al regno. Questo accordo è stato una situazione vantaggiosa per entrambi; gli Stati Uniti hanno ottenuto una fonte stabile di petrolio e un mercato vincolato per il proprio debito, mentre l’Arabia Saudita ha assicurato la propria sicurezza economica e generale.

Stato come valuta di riserva

Il solo petrolio denominato in dollari USA ha un significato che va oltre le categorie del petrolio e della finanza. Imponendo che il petrolio fosse venduto in dollari USA (DXY), l’accordo ha elevato lo status del dollaro come valuta di riserva mondiale. Ciò, a sua volta, ha avuto un profondo impatto sull’economia americana. La domanda globale di dollari per l’acquisto di petrolio ha contribuito a mantenere forte la valuta, rendendo le importazioni relativamente economiche per i consumatori americani. Inoltre, l’afflusso di capitali esteri nei titoli del Tesoro statunitense ha sostenuto bassi tassi di interesse e un robusto mercato obbligazionario.

Nel suo recente libro, Bonfire of the Sanities (dicembre 2023), l’autore di bestseller e gestore degli investimenti David Wright sostiene che la forza del dollaro è un fattore chiave alla base dell’elevato standard di vita americano. Wright dichiara che il motivo per cui le persone negli Stati Uniti godono di “uno standard di vita così elevato come il nostro è perché il dollaro è forte”. Wright spiega poi che questa forza è in parte dovuta alla fiducia nella nostra economia “e perché l’energia non può essere acquistata senza dollari statunitensi”.

Potenziale di perturbazione dell’ordine finanziario globale

Tuttavia, il dominio del petrodollaro potrebbe trovarsi di fronte alla sua sfida più significativa. L’accordo tra gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita è scaduto il 9 giugno 2024. Questa scadenza ha implicazioni di vasta portata, poiché ha il potenziale per sconvolgere l’ordine finanziario globale.

Le mutevoli dinamiche di potere nel mercato petrolifero sono un fattore critico in questo sviluppo. L’aumento delle fonti energetiche alternative, come le energie rinnovabili e il gas naturale, ha ridotto la dipendenza del mondo dal petrolio. Inoltre, l’emergere di nuove nazioni produttrici di petrolio, come il Brasile e il Canada, ha messo in discussione il tradizionale dominio del Medio Oriente.

Il futuro del dollaro USA

La scadenza del petrodollaro potrebbe indebolire il dollaro USA e, per estensione, i mercati finanziari statunitensi. Se il prezzo del petrolio dovesse essere prezzato in una valuta diversa dal dollaro, ciò potrebbe portare a un calo della domanda globale del biglietto verde. Ciò, a sua volta, potrebbe comportare un’inflazione più elevata, tassi di interesse più elevati e un mercato obbligazionario più debole negli Stati Uniti.

Conclusione chiave: un cambiamento significativo nelle dinamiche del potere globale

La scadenza dell’accordo sul petrodollaro rappresenta un cambiamento significativo nelle dinamiche di potere globale. Evidenzia la crescente influenza delle economie emergenti e il panorama energetico in evoluzione. Anche se restano da vedere tutte le implicazioni di questo cambiamento, gli investitori dovrebbero almeno essere consapevoli che a livello macro, l’ordine finanziario globale sta entrando in una nuova era. Il dominio del dollaro USA non è più garantito.

(Articolo originale: https://www.nasdaq.com/articles/us-saudi-petrodollar-pact-ends-after-50-years)

Risultano chiare le enormi implicazioni sul piano finanziario per una moneta, il dollaro USA, che io considero da tempo morta.
Questa è una ulteriore conferma del crollo del biglietto verde come valuta di riserva mondiale con tutte le conseguenze del caso.
Non a caso in questi giorni la Russia ha confermato che lo Yuan cinese è già la moneta più usata dalle loro parti per le transazioni finanziarie e non ci vorrà molto perché quesat autentica valanga travolga il mondo occidentale, a meno che le belle addormentate che abbiamo visto sfilare in Puglia tra un selfie alla bimbo-minkia e un vinello alla saliva made in Bruno Vespa non si destino d’improvviso e provino quantomeno a limitare i danni.
Dico limitare i danni perché la pacchia è finita (da tempo ribadisco) ed è solo questione di darne annuncio urbi et orbi.
Il crollo del dollaro, come è ovvio che sia, provocherà il declino di quell’Euro che non è mai riuscito a ritagliarsi un posto di rilievo nel panorama internazionale se non come diversivo.
Ora non resta che aspettare e, ripeto ancora una volta, sperare che diversamente dal solito per sancire il cambio al vertice del potere geopolitico non sia stata prevista l’ennesima, devastante guerra totale che ci vedrebbe coinvolti mani e piedi.
Chiudo con la curiosità di vedere se e quando i pennivendoli e i loro compari delle tivvù ci racconteranno di questo autentico terremoto che riguarda ogni aspetto della nostra vita.

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