In questi giorni gli elogi si sprecano e la narrazione che tende a far dimenticare cosa ha fatto (di male) il signor Mario Draghi al nostro Paese, sia da funzionario interno che da Presidente della BCE, ha ripreso un articolo dello scorso anno firmato dal nuovo Premier sul Financial Times.

In quell’occasione (https://www.ft.com/content/c6d2de3a-6ec5-11ea-89df-41bea055720b) eravamo a marzo del 2020 e si intravvide un Draghi keynesiano con aperture sull’aumento del debito degli Stati per contrastare quello che fu definito giustamente uno shock non ciclico.

Se però volessimo immaginare cosa potrà fare Mario Draghi da Presidente del Consiglio italiano occorrerebbe leggere le pubblicazioni più recenti.

Essendo più fresche dovrebbero aderire meglio al pensiero attuale di colui che tutti dipingono come il “salvatore della patria”.

Ci aiuta in tal senso il documento “Reviving and Restructuring the Corporate Sector Post-Covid – DESIGNING PUBLIC POLICY INTERVENTIONS“, redatto dal Gruppo dei 30 (https://group30.org/).

Si tratta di un documento ricco di intenti e suggerimenti (https://group30.org/images/uploads/publications/G30_Reviving_and_Restructuring_the_Corporate_Sector_Post-Covid.pdf) proposti da parte di esponenti di primissimo piano del mondo finanziario, scritto a più mani sotto la supervisione di Raghuram Rajan e del nostro Mario Draghi.

La data di pubblicazione è il Dicembre 2020 quindi possiamo dire che quanto espresso delinea il pensiero di Draghi oggi molto più di un articolo di un anno fa.

La pulce nell’orecchio me l’ha messa l’intervento di Emiliano Brancaccio su Radio Radio nel quale accennava proprio a questo documento. Ecco il video.

Come mio solito sono andato a sincerarmi del contenuo e ora segnalo a mia volta alcuni passaggi.

Le aziende “zombie” saranno lasciate al proprio destino (p. 22).

Do you keep…using public finances to support companies or do you let creative destruction happen à la Schumpeter?

La questione sarà decidere chi aiutare e chi no.

Vi dice niente quel Mario Monti che pochi giorni fa aveva detto che le aziende deboli le avremmo dovute lasciar fallire per aiutare solo chi pensiao ce la possa fare?

Dato che sanno già – ce lo dicono in ogni modo da anni – che ci saranno altre pandemie (mediatiche?) c’è anche la preparazione di quelle che la scamperanno alle future crisi e interruzioni dell’attività (4, p. 29).

Questo solo per ricordarvi che ci dovete fare il callo, a sentir loro per almeno i prossimo nove anni.

C’è da dire che rappresentando ancora più del 40% del business a livello mondiale un occhio di riguardo sembrerebbe (condizionale d’obbligo) essere dato alle piccole e medie imprese, per noi vitali, ma sempre nell’ottica di farer tabula rasa di quelle che qualcuno (di loro?) riterrà non più recuperabili.

Attenzione alle proposte per prevenire futuri rovesci del settore finanziario (6.4, p. 47) che è poi ciò che sta più a cuore a questi signori, altro che economia reale.

I Governi dovrebbero prendere in carico (acquistare) o comunque garantire i bad assets (assetti negativi). Dipenderà dalla capacità della leva fiscale e dai sussidi (caso UE).

Quindi, per vostra conoscenza, se pensi alla leva fiscale parli di aumento delle tasse per aiutare il settore finanziario. E i sussidi che servirebbero ad altro li vuui dirottare semre sul medesimo settore.

Incoraggiare l’istituzione delle bad banks e l’utilizzo di asset speciali per minimizzare eventuali costi di ristrutturazione pubblici e privati.

Il vecchio gioco delle tre carte per nasconedere i crolli finanziari.

Subito dopo si vorrebbe incoraggiare la ristrutturazione dei debiti (dovremmo sapere a cosa si allude).

Ma il focus (p. 3) segnalato da Brancaccio è nel punto “Adapt to the new business realities, rather than trying to preserve the status quo” quando si afferma che…

The business sector that emerges from this crisis should not look exactly like it did before due to permanent effects of the crisis and the pandemic’s acceleration of existing trends such as digitalization.
Governments should encourage necessary or desirable business transformations and adjustments in employment.
This may require a certain amount of “creative destruction” as some firms shrink or close and new ones open, and as some workers need to move between companies and sectors, with appropriate retraining and transitional assistance.
However, even governments that support such adapta-tion in principle may need to take measures to manage the timing of creative destruction to account for the knock-on effects of excessively rapid shifts, such as for insolvency regimes that could become overwhelmed.

Un documento che tende a salvaguardare il mondo finanziario – e poteva essere altro? – fornendo soluzioni drastiche per quella parte di economia reale che si è deciso debba sparire nel nulla.

Un documento non solo tecnico, ma anche, visti gli sviluppi e l’ormai certa del Governo Draghi in Italila, politico – insomma, se volete un programma di Governo leggete questo.

E infine anche un documento filosofico perché alla base di ciò che sarà messo in pratica da Draghi nel nostro Paese ci potrebbe essere il motto schumpeteriano della “distruzione creativa”.

Il dubbio – si fa per dire eh! – ora è saremo araba fenice o saranno ..zzi amari per milioni di lavoratori?

Ricordiamo infine che, come dice anche Brancaccio sono tutti lì a favoleggiare sui 200 e passa miliardi che arriveranno nelle casse e che Draggi saprà spientemente spendere. Ma dimenticano (?) che di quel malloppo (a strozzo) riceveremo al massimo un obolo (10 miliardi o gù di lì) l’anno.

Voi però mi raccomando, ascolltate mamma Tivvù e tutto andrà bene.

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