Quando si parla di idrocarburi, e in particolare di petrolio e gas, si identificano tre pilastri fondamentali sui quali si regge la discussione e si accende lo scontro tra chi ne sostiene l’indispensabilità (fino ad esaurimento scorte) e chi invece spinge per un deciso cambio di paradigma in tema di approvvigionamento energetico.

Stiamo parlando di Produzione, Occupazione e Tasse.

Proviamo a mettere insieme i numeri e vediamo cosa viene fuori.

La parola Produzione indica tutto ciò che il nostro Paese è in grado di produrre a livello energetico.

Si tratta di questione di non poco conto essendo l’Italia un Paese che dipende per larga parte dalle importazioni di petrolio e gas.

Andiamo a leggere i dati presenti sul sito di Eurostat (Quelli disponibili coprono il decennio 2003-2013).

Da qui possiamo vedere come il nostro Paese nel 2013 producesse l’equivalente di 36.9 milioni di tonnellate di petrolio (ma va tenuto conto che nelle statistiche di Eurostat vengono messe insieme tutte le produzioni, dagli idrocarburi al nucleare).

Poi possiamo verificare l’import che equivaleva a 124.723 milioni di tonnellate, quattro volte tanto la produzione nazionale energetica.

In termini percentuali significa che nel 2013 l’import viaggiava sopra il 75% del fabbisogno totale. Quel 25% di produzione, se incrementato, avrebbe una certa importanza.

Passando al termine Occupazione parliamo chiaramente di numero di posti di lavoro generati dallo sfruttamento degli idrocarburi.

Vedremo poi quale ricaduta occupazionale diretta e indiretta è attesa in Basilicata e a Taranto.

Infine con il termine Tasse intendiamo sia le entrate tributarie derivanti dal pagamento delle royalies che i tributi sugli utili.

Prendiamo in considerazione uno degli argomenti del giorno, il progetto Tempa Rossa, giacimento petrolifero situato nell’alta valle del Sauro, nel cuore della regione Basilicata salito allo ribalta a seguito delle dimissioni del Ministro Guidi.

Incuriosisce perché, come troppo spesso accade, giornali e TV hanno fatto risuonare la grancassa mediatica frastornando lettori e spettatori senza però riuscire a dare una dimensione concreta con tanto di numeri alla vicenda, preferendo dare spazio allo scontro tra opinioni e poco altro.

Dove trovare cifre, per quanto parziali, che possano fornire un quadro della situazione?

Basta andare sul sito di TOTAL E&P Italia che permette intanto di capire bene di cosa stiamo parlando, e poi fornisce le sue cifre su produzione e occupazione (per la questione tasse, e quindi ritorno economico secco allo Stato, si va altrove).

Intanto qualche info generale sul progetto in questione.

Operatore incaricato dello sviluppo del progetto è TOTAL E&P Italia (50%) insieme con Mitsui E&P Italia B S.r.l. (25%) e Shell (25%) con un investimento complessivo di 1,6 miliardi di euro.

Saranno messi in produzione 8 pozzi (6 già attivi, gli altri 2 in attesa di autorizzazione alla perforazione).

Saranno estratti grezzo, gas combustibile, zolfo e GPL.

Ma quale sarà la produzione?

Si calcola che a regime l’impianto avrà una capacità produttiva giornaliera di circa 50.000 barili di petrolio, 230.000 m³ di gas naturale, 240 tonnellate di GPL e 80 tonnellate di zolfo.

Mi soffermo sulla produzione di petrolio perché si tratta del pezzo forte.

A Tempa Rossa con 50.000 barili/giorno si arriverebbe ad una produzione annua di circa 18 milioni di barili che secondo il CIPE (Comitato Interministeriale per le Programmazione Economica) che ha approvato il progetto in via definitiva con la Delibera n.18 del 23/03/2012 dovrebbe soddisfare il 10% della produzione nazionale insieme con il giacimento Val d’Agri.

A pagina 18 della delibera del CIPE (Ricerca delibere, anno 2012, numero 18: http://www.cipecomitato.it/it/ricerca_delibere.html) leggiamo:

Prende atto…

che lo sviluppo del giacimento in questione, unitamente allo sviluppo del giacimento denominato “Val d’Agri”, consentirà di coprire circa il 10 per cento del fabbisogno energetico nazionale per una durata di circa 20 anni e di fornire quindi un notevole contributo alla riduzione della dipendenza del Paese dall’estero per l’approvvigionamento energetico.

Ma sul sito di TOTAL E&P Italia si spiega bene come il petrolio prodotto non sarà destinato alla “riduzione della dipendenza del Paese dall’estero per l’approvvigionamento energetico”.

Il petrolio prodotto sarà infatti trasportato da Viggiano alla raffineria di Taranto (“suo terminale di esportazione”) per poi essere caricato su petroliere (90 all’anno) e andare all’estero, destinazione Turchia.

Dal punto di vista delle aziende coinvolte tutto normale perché più strada fa il petrolio più si alzano i guadagni delle compagnie.

Resta da capire come mai poco più di tre anni fa il CIPE avesse definito fondamentale questo petrolio per ridurre l’italica dipendenza dall’estero.

Ma passiamo alla questione Occupazione.

Secondo TOTAL E&P Italia (Monitoraggio Occupazione) la ricaduta sarà di 144 unità (diretta) e 1.718 unità (indiretta).

Il totale previsto è di 1.862 unità ed include quindi il sito di estrazione, quello di stoccaggio delle materie prime, le infrastrutture di trasporto, la raffineria e il porto di Taranto.

Numeri interessanti che però meriterebbero il chiarimento su quanti saranno i reali posti generati per la fase gestionale.

E’ infatti chiaro che qui parliamo di fase di realizzazione mentre per quanto riguarda la gestione dell’intero processo a regime le cose cambiano e non poco.

L’esempio lo abbiamo sempre sullo stesso sito quando si parla del porto di Taranto.

Aprendo uno dei manifesti informativi si apprende infatti che in fase di realizzazione delle opere che comprendono ammodernamento della raffineria e ampliamento del porto i posti garantiti saranno 300.

Nella successiva fase gestionale i posti saranno 25.

Domanda, che fine fanno i 275 che dopo pochi anni resteranno senza lavoro?

Altra domanda, fatte le debite proporzioni possiamo dire che dalle iniziali 1.862 unità totali passeremo a circa 155 (a Taranto resterà l’8,33% dei lavoratori nella fase di gestione)?

Se così fosse ci sarebbe qualcosa da dire sul fatto che se è vero che Tempa Rossa genera posti di lavoro negli anni di realizzazione del progetto è altrettanto evidente che sul lungo periodo la ricaduta sarà modesta.

Aggiungiamo la perdita di posti di lavoro nel settore agricolo e nel suo indotto a seguito dell’esproprio delle terre interessate e il saldo rischia di essere addirittura negativo.

Sarebbe opportuno fare chiarezza anche e soprattutto da parte delle amministrazioni coinvolte. E già che ci sono potrebbero chiarire quale sia la ricaduta economica complessiva attesa da questa operazione sia in Basilicata che nelle altre regioni coinvolte.

Resta il punto Tasse sul quale non c’è chiarezza.

Si parla di royalties e si fanno confronti con l’estero.

In Itali si paga il 10% sulla produzione di gas e il 7% sulla produzione di petrolio per i campi su terra ferma.

Senza dimenticare che queste franchigie scattano solo al superamento di determinati limiti di produzione.

Nel caso di Tempa Rossa calcoliamo il peso/barile (159 litri) e la produzione promessa (18 milioni di barili circa).

Considerando il calcolo sulle tonnellate prodotte all’anno (che sarebbero 2,9 milioni circa) arriveremmo a 203.000 euro di royalties.

Ci sono poi i canoni e la tassazione sugli utili.

Sul sito del ministero abbiamo i dati ufficiali riguardo la tassazione che il sito petrolioegas riprende insieme ad altri numeri forniti da Nomisma Energia.

Da notare che TOTAL E&P Italia ha definito ammortizzabile in due anni l’investimento con il prezzo del petrolio al barile di 100 dollari.

Stante oggi il prezzo a circa 42 dollari (ma con i futures a 3 mesi in chiara risalita e quindi con trend al rialzo sul medio periodo) possiamo dire che probabilmente le aziende recupereranno l’investimento in 4/5 anni al netto della tassazione.

Sarebbe interessante infine sapere i dove andranno a finire le entrate da tassazione.

Al termine di questo tentativo di analisi e approfondimento mi sento di dire che manca la certezza di quali siano i reali vantaggi di questo progetto, o meglio che occorrerebbe avere un quadro più definito di pro e contro per poter trarre le debite conclusioni.

Vedo i vantaggi per le aziende, ma fatico a vedere quelli per la collettività.

Non dimentichiamo mai che inoltre ci sarebbe da aprire il corposo capitolo sulle ricadute ambientali.

Sul suo sito TOTAL E&P Italia ci regala i dati dei suoi monitoraggi e questa è una buona base.

C’è poi da vedere come si smaltiscono gli scarti di lavorazione sia in fase di realizzazione che in fase di gestione.

Già si alzano voci di denuncia per il recapito di rifiuti non proprio in regola presso altre regioni della zona.

Senza mai dimenticare che al termine del ciclo di vita del giacimento si porrà la questione della dismissione.

Anche questo è uno dei punti dolenti perché le aziende fanno storicamente di tutto per evitare di sostenere i costi ambientali delle loro operazioni.

Fonti

Eurostat (produzione e import di energia dal 2003 al 2013): http://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php/Energy_production_and_imports/it

Total Italia (progetto Tempa Rossa): http://www.it.total.com/it/pagine/attivita/il-progetto-tempa-rossa

CIPE (Comitato Interministeriale per le Programmazione Economica): http://www.programmazioneeconomica.gov.it/

UNMIG (Royalties e tassazione): http://unmig.mise.gov.it/dgsaie/royalties/royalties.asp

Petrolioegas (Royalties e tassazione): http://www.petrolioegas.it/parliamo-di/royalty-e-tassazione-nella-produzione-di-idrocarburi-in-italia/

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