Qualche giorno fa leggevo un articolo pubblicato da The Guardian nel quale si presentavano i risultati di uno studio apparso sul British Medical Journal.

Oggetto dell’attenzione di un gruppo di ricercatori piuttosto nutrito erano le museruole – spiece per i più suscettibili ma io proprio non riesco a non definirle per ciò che sono in realtà – e la loro reale o supposta utilità nel contrasto alla diffusione del “morbo”.

L’articolo (https://www.theguardian.com/world/2021/nov/17/wearing-masks-single-most-effective-way-to-tackle-covid-study-finds), come si confà ai media di regime, poneva in risalto l’ipotesi conclusiva, peraltro dedotta non nelle conclusioni dello studio ma dalle stesse, il che cambia il senso di quel che si scrive.

Lor signori sottolineano un calo del 53% dell’incidenza del “morbo” a livello mondiale laddove le museruole sono state utilizzate.

Incuriosito sono andato a leggere l’abstract e l’articolo di presentazione dello studio sottostante sul BMJ (https://www.bmj.com/content/375/bmj-2021-068302) per verificare di cosa si trattasse.

Premetto che, come dovrebbe ormai essere noto ai più, gli studi scientifici di metanalisi sono quelli di maggior livello nella relativa categoria. Ciò farebbe presupporre che ci si trovi di fronte a una sorta di oracolo. Ma non sempre le cose sono come appaiono, soprattutto se vai a leggere e ad approfondire.

In sintesi cosa hanno fatto?

Hanno preso 36.729 studi dai quali hanno scremato secondo i criteri di eligibilità decisi a monte per arrivare ai 72 studi presi in considerazione.

Già qui sta un enorme difetto dell’analisi fatta.

Se andiamo infatti a leggere quali fossero i criteri di eligibilità si evince che questi erano focalizzati sull’individuazione di materiale statistico, se così posso dire, di grana grossa. Ovvero gli studi selezionati dovevano riguardare l’osservazione empirica delle prescrizioni non farmacologiche più comuni – nel caso di specie pulizia delle mani, distanziamento e museruole – adottate dai vari stati e del loro (presunto) impatto sulla curva della cosiddetta pandemia.

Punto nodale perché non stiamo parlando di studi di alto livello come quelli che sono stati condotti già lo scorso anno con individuazione di gruppi ai quali è stato prescritto di indossare la museruola posti a confronto con gruppi di controllo.

In questo senso ricordo senza mettere i link, perché sono cose che ho condiviso più e più volte e se volete le potete trovare su questo sito, che due furono quelli più significativi, quello fatto alla Mecca su 8.000 soggetti e quello danese ancor più importante poiché fatto al chiuso su 6.000 soggetti.

Si noti, per chi non lo sapesse, che il primo non è mai stato citato dai media di regime nonostante la pubblicazione sulle maggiori riviste scientifiche e il secondo è stato addirittura ostracizzato dalle stesse. Perché poi come glielo spieghi che li obbighi a indossare uno strumento che risulta essere inutile alla prova dei fatti?

Detto questo lo studio resta comunque interessante dal punto di vista analitico e permette di raffrontare alcune informazioni solitamente non approfondite a livello mediatico.

Le conclusioni cosa dicono?

Dicono che al momento sembrerebbe esserci un beneficio dall’implementazione delle misure di cui sopra, ma che occorre continuare la revisione onde confermare o meno tale deduzione.

Andiamo ai punti di forza e di debolezza enunciati dagli stessi autori.

Da sottolineare il punto di forza che secondo gli autori sarebbe quello di aver “seguito un processo di valutazione completo raccomandato dalla Cochrane Collaboration31“. Il Cochrane è una garanzia in fatto di revisioni oltre ad essere, almeno all’apparenza, e io mi fido, super partes.

E ora le limitazioni.

La prima sta nel fatto che, affermano i ricercatori, ad oggi “le prove di alta qualità sulla SARS CoV-2 e l’efficacia delle misure di sanità pubblica sono ancora limitate”.

Ci si aspetta poi che arrivino studi più approfinditi e randomizzati – ma questi veramente già ci sono e sono univoci nel definire le museruole inefficaci o al massimo scarsamente efficaci – nei mesi a venire.

Altro dettaglio da nulla è il fatto che, dicono, numerosi studi hanno effettuato una rilevazione una tantum e non un maggiori numero di rilevazioni. Lascio immaginare cosa comporti questo fatto sull’attendibilità di fotografie istantanee fatte in tempi e modi che potrebbero inficiare pesantemente i risultati.

C’è poi la questione degli studi che hanno “misurato”, se così possiamo dire, l’efficacia di una singola prescrizione e non considerato l’insieme delle stesse e la loro interazione.

Infine ci ricordano uno dei limiti maggiori delle pubblicazioni sulle riviste che vanno per la maggiore. Hanno ignorato gli studi non scritti in inglese. Sembrerebbe cosa da nulla e invece non lo è.

Ad ogni modo lo studio resta, come detto in precedenza, interessante perché permette di ricordare che perfino le metanalisi possono avere pesanti limitazioni e fornire risultati non proprio attendibili come i media di regime vorrebbero far credere.

Parliamo ora brevemente dell’articolo che è uscito su ANSA (https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2021/11/24/oms-se-in-europa-il-95-della-gente-usasse-la-mascherina-si-salverebbero-160.000-vite-_61f9498d-bada-4b70-8c02-5cb7db02a41f.html) ieri perché voglio far notyare come si possa passare da quel 53% di cui sopra al 95% di persone che se indossassero la museruola permetterebbero di far morire ben 160.000 persone in meno. Un numero letteralmente inventato dal direttore esecutivo dell’Oms, Rob Butler.

Anche quel 48% di utilizzo ad oggi in Europa è una mera supposizione basat sul nulla. Ma ormai ci siamo abituati alle menzogne.

Ciò che volevo sottolineare è il fatto che ANSA, così come tutti gli altri media di regime, è tanto lesta nel pubblicare le panzane dell’OMS quanto “disattenta” è stata nel “non accorgersi” dello studio di metanalisi pubblicato dal ECDC (European Center for Deseases Control) il 15 febbraio 2021 (https://www.ecdc.europa.eu/sites/default/files/documents/covid-19-face-masks-community-first-update.pdf). Studio del quale parlai in un articolo che si può trovare sempre su questo sito e che demoliva l’uso delle museruole chirurgiche, di tessuto e FFP2.

Chiudo con una proposta da non addetto ai lavori che cerca di comprendere cosa accade davvero là fuori.

Facciamo un confronto diretto e immediato.

Prendiamo non la Svezia, che poi si potrebbe dire che la loro popolazione è sei volte meno della nostra con un territorio più grande e la densità abitativa è nettamente inferiore, bensì Stoccolma.

Stoccolma ha una densità abitativa di 4.800 abitanti per chilometro quadrato.

Prendiamo ora tre città italiane tra le più popolose: Napoli, Roma e Milano. Così comprendiamo tutta la penisola.

Napoli ha 2.574 abitanti per abitanti per chilometro quadrato.

Roma ha 793 abitanti per chilometro quadrato.

Milano ha 2.072 abitanti per chilometro quadrato.

Possiamo quindi affermare senza ombra di dubbio che Stoccolma è la città più densamente popolata delle quattro.

Bene!

Ora andiamo a vedere i numeri covidiani delle quattro città.

Stoccolma ad oggi ha (https://www.google.com/search?client=firefox-b-d&q=covid+cases+deaths+stockholm) 286.000 casi con 4.528 decessi.

Napoli ha (https://www.google.com/search?q=covid+cases+deaths+napoli) 485.000 casi con 8.193 morti.

Roma ha (https://www.google.com/search?client=firefox-b-d&q=covid+cases+deaths+roma) 416.000 casi con 8.945 morti.

Milano ha (https://www.google.com/search?client=firefox-b-d&q=covid+cases+deaths+milano) 921.000 casi con 34.311 morti.

Ora, se la matematica non è un’opinione – sai mai che lo diventi in tempi così oscuri – i dati sono chiari.

La città più densamente popolata – quasi il doppio di Napoli, più del doppio di Milano e sei volte più di Roma – registra ad oggi il 58,9% deicasi di Napoli, 68,75% di quelli di Roma e il 31,05% di quelli di Milano.

I decessi sono il 55,26% di quelli di Napoli, il 50,62% di quelli di Roma e il 13,19% di quelli di Milano.

Dati – lasciamo stare che sono pompati fin da principio per generare terrore nelle masse, questi sono i dati ufficiali – inoppugnabili ed evidenti.

Ora, quale sarà la caratteristica che differenzia queste quattro città?

A Stoccolma le museruole non sono mai state rese obbligatorie – anche qui piccola parentesi. In Italia le museruole, stando alla normativa, non sono obbligatorie se non in assenza del distanziamento. Lo abbiamo dimostrato coi documenti mille volte ma è sempre meglio ricordare che l’obbligo è nella testa delle pecorelle smarrite – mentre nelle tre città italiane abbiamo il cosiddetto obbligo al chiuso e, in caso di assembramenti, anche all’aperto.

Basterà poi andare su Youtube o dove preferite per sfruttare l’enorme database di video a disposizione e verificare che a Stoccolma solo qualche povero ipocondriaco, magari italiano emigrato, ha osato indossare la museruola tanto all’aperto quanto al chiuso.

Risultato?

Ovvio!

Nella città in cui non si usano le museruole (e non c’è stato lockdown e non si è rovinata l’esistenza di milioni di persone) casi e decessi sono nettamente inferiori.

Non sarà convenzionale sul piano scientifico, e so bene che ha le sue brave limitazioni così come lo studio di cui sopra, ma questi sono dati e fatti.

Il resto sono chiacchiere, quelle dei media di regime imbeccati da “Lascienzah”.

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