Monitor è la rivista di AGENAS (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali) nella quale si trova corposa documentazione riguardo il cambio epocale che avverrà nella sanità italiana, che poi non è solo nella nostra, col passaggio alla informatizzazione spinta e l’uso sempre più invasivo dell’I.A.

Monitor è pubblicata da quasi 15 anni, integrata coi Quaderni, e nell’ultimo volume, il 46 del 2021 sono stati affrontati vari temi collegati al P.N.R.R. (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Scorriamo rapidamente i titoli per avere un’idea (https://www.agenas.gov.it/comunicazione/monitor-rivista-agenas).

Ora io mi voglio soffermare su un articolo a firma di Federico Cabitza del Dipartimento di informatica, sistemistica e comunicazione, dell’Università degli Studi di Milano, Bicocca.

Deskilling, o del lato oscuro delle tecnologie cognitive in medicina“, ovvero del disimparare capacità apprese in anni di studio ed esercizio della professione medico-infermieristica a casua delle innovazioni tecniche (per comodità lo trovi alla fine dell’articolo in versione integrale, ma se preferisci è qui: https://www.agenas.gov.it/component/k2/deskilling,-o-del-lato-oscuro-delle-tecnologie-cognitive-in-medicinahttps://www.agenas.gov.it/images/monitor/2021/46/art_agenas_15.pdf).

Mi interessa questo aspetto perché pur essendo un appassionato di tecnologia e curioso entusiasta ogni volta che appare una innovazione potenzialmente straordinaria ho sempre avuto la consapevolezza di dover guardare a quel lato oscuro di cui parla il titolo di questo articolo.

In estrema sintesi si tratta di un monito lanciato al fine di soppesare al meglio i contro della telemedicina.

Va ricordato infatti che telemedicina significa, per esempio, digitalizzazione totale del sistema sanitario. Ciò comporta la possibilità che un giorno il sistema stesso possa venire meno per almeno due fattori, i classici elefanti nell’armadio, ovvero un blackout energetico e/o falle nel sistema che possono essere provocate da bug oppure da attacchi hacker.

Ora è chiaro che si stanno studiando le contromisure per prevenire tali circostanze, che lo ricordo sarebbero mortifere nel vero senso della parola per migliaia di persone.

La digitalizzazione porta grandi potenzialità e la promessa, a mio avviso facilmente mantenibile, di avere trattamenti più precisi e puntuali in tempi nettamente più brevi degli attuali. Ma abbiamo detto della particolarer fragilità di questo nuovo ambiente di sviluppo della cura alla persona.

Porto un parallelo con le riflessioni fatte, e tuttora in corso, dalle banche centrali.

Ricordo quando condivisi gli studi della Bank of Sweden nei quali si trattava la questione dell’abbandono della moneta fisica.

Il problema più dibattuto era cosa fare in caso di crash del sistema. E la soluzione al momento più gettonata sembrerebbe quella di depositare in enormi caveau tutto il denaro contante da utilizzare in caso di bisogno. Una soluzione oggettivamente sensata, ma la cui applicazione potrebbe richiedere tempi lunghi che nella società iper velocizzata che ci attende potrebbe significare gravi danni e lutti.

Proviamo a spostare la questione sul settore sanitario.

Che si fa? Spostiamo tutto in digitale, ma nel contempo continuiamo a produrre carta per avere un archivio utile alla bisogna? Non sembra essere il massimo della vita.

Questo genere di riflessioni, lo ripeto, è opportuno per comprendere come il futuro digitale sia una immensa opportunità che però poggia su piedi d’argilla come i sistemi stessi, facilmente hackerabili per definizione, a meno che i nuovi computer quantistici non mantengano le promesse – ma parliamo sempre di sistemi informatici che credo saranno sempre a rischio di crollo – che li vedono garantire livelli di sicurezza e stabilità nemmeno avvicinabili da quelli attuali, e, direi soprattutto, i sistemi di approvvigionamento energetico. Un banale blackout potrebbe mettere in ginocchio il più sofisticato sistema di gestione integrata sanitaria a più livelli con conseguenze credo evidenti per chiunque abbia un minimo di senso logico.

Senza dimenticare che ci sarebbe da aprire il capitolo delle conseguenze sugli addetti, medici e infermieri, i quali verrebbero messi da parte da sistemi che da anni sono già in grado di eseguire disagnosi, per dirne una, perfette al 100% o anche operazioni e gestione dei pazienti. Ma di questo si parlerà nei prossimi anni, se non già mesi.

Ad ogni modo consiglio la lettura di questo come degli altri articoli/studi per coloro che avessero curiosità in merito alla grande rivoluzione che è ormai alle porte nel sistema sanitario.

Ricordiamo le parole dell’attuale premier Mario Draghi nel suo discorso di insediamento quando utilizzò la parola telemedicina per sintetizzare al massimo i concetti legati alla nuova idea di healthcare non solo italiano ma, direi, mondiale. Parole peraltro dette già dal suo predecessore, tanto per comprendere che quella è la via.

Su questo punto bisogna tenere a mente il fatto che nel P.N.R.R. la quota parte per la sanità, pur essendo piuttosto striminzita se paragonata al terrorismo pseudo pandemico di questi due anni, è incentrata completamente sulla realizzazione della telemedicina (https://www.agenas.gov.it/pnrr/missione-6-salute).

In chiusura ribadisco che io sono un entusiasta quando si parla di innovazione tecnologica perché vedo le immense possibilità che si aprono per l’umanità. Ma non posso far finta di nulla di fronte ai rischi altrettanto enormi nascosti dietro le migliori promesse di un futuro radioso.

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