Un consiglio di lettura utile per conoscere l’ideale di Pan-Europa definito nel 1923 dal conte Richard Coudenhove-Kalergi in un momento nel quale Brexit e altre vicissitudini mettono in discussione la natura stessa dell’Unione Europea.

Al di là delle dicerie sul fantomatico “Piano Kalergi” – per questo chi vuole indagare trova facilmente il libro incriminato “Idealismo pratico” – mi interessa condividere alcuni passaggi di “Pan-Europa – Un grande progetto per l’Europa unita” che credo meritino attenzione a distanza di quasi un secolo dalla sua pubblicazione.

Intanto teniamo sempre a mente il contesto storico. Siamo nel 1923, nel mezzo tra la I e la II Guerra Mondiale e Kalergi ha 29 anni. E’ un tempo di confronto tra ideali nazionali e pulsioni comunitarie. Kalergi come altri prima e dopo di lui cerca soluzione ai dilemmi di una Europa a rischio di nuovi conflitti che puntualmente la sconquasseranno di lì a poco.

Leggiamo alcuni estratti.

Dalla prefazione dello stesso autore:

Gli Europei, che hanno perso quasi completamente la fiducia in se stessi, aspettano aiuto dall’esterno: gli uni dalla Russia, gli altri dall’America. Queste due speranze rappresentano un pericolo mortale per l’Europa. Nè l’Est nè l’Ovest vogliono salvarla: la Russia vuole conquistarla, l’America vuole comprarla. Fra Scilla e Cariddi, ossia fra la dittatura militare russa e la dittatura finanziaria americana, solo uno stretto passaggio conduce ad un avvenire migliore. Esso si chiama Pan-Europa, e significa che l’Europa deve aiutare se stessa costituendo, come obiettivo pratico, una unione politico-economica.

Dal Capitolo Ottavo:

Bisogna riconoscere comunque alla Piccola Intesa il merito d’avere garantito in Europa un nuovo sistema politico secondo il modello americano, che unisce i vantaggi della solidarietà in politica estera a quelli dell’uguaglianza degli Stati fra loro grazie alla salvaguardia della loro sovranità interna, e che per di più prepara l’avvento di una comunità politica per mezzo di conferenze convocate regolarmente.

Dal Capitolo Decimo::

La nazione appartiene al regno dello spirito. Tutta la cultura moderna in Europa è nazionale. Così dunque, chiunque provi rispetto per lo spirito deve provarne anche di fronte al sentimento nazionale.

A seguire…

Come l’idealismo religioso ha per suo rovescio il fanatismo religioso, così il rovescio dell’idealismo nazionale è lo sciovinismo nazionale, o nazionalismo.

E infine….

Così come l’illuminismo ha distrutto il fanatismo, così un futuro movimento filosofico distruggerà lo sciovinismo e aprirà la strada alla tolleranza fra le nazioni. Una simile tolleranza completerà l’amore per la propria nazione col rispetto delle nazioni estere, e getterà le basi della rinascita culturale dell’Europa.

Dal Capitolo Undicesimo:

Il valore del programma paneuropeo in quanto programma di politica estera è certo, perché elimina i paraocchi dello sciovinismo senza perdersi nelle nubi del cosmopolitismo.

In queste parole e in tutta la trattazione traspare un sincero europeismo comunitario, ma non il globalismo o il cosmopolitismo ai quali fanno riferimento talune teorie accusatorie.

Che poi Kalergi abbia pensato-detto-scritto altro di più “oscuro” non lo posso escludere, ma il pensarlo lo lascio ad altri in mancanza di prove tangibili. Qui c’è un testo di sicuro interesse che ha numerosi spunti ideali condivisibili e anche dei passaggi – si veda il discorso sul disarmo e la (mia) sensazione che Kalergi faccia parte di coloro che usano dare per scontata la natura di colonie sottomesse dei paesi africani – sui quali sono in chiaro disaccordo.

Un ultimo estratto lo prendiamo dalla interessante intervista del 1997 a Otto d’Asburgo, ideale e concreto prosecutore dell’opera di Kalergi, che chiude il libro:

D: La moneta unica europea è veramente opportuna?

R: Credo nella moneta unica, ma come risultato di una evoluzione più lenta di quella che i burocrati di Maastricht hanno ritenuto opportuno di dover fissare. C’è sempre un errore nella politica che stabilisce delle scadenze fisse. Il grande successo della Cina storica è stato che quando essa si assegnava un fine da raggiungere, gettava via l’orologio e il calendario. Noi invece facciamo ancora la politica delle scadenze immediate e questo non è ragionevole, dato che una politica che sia degna di questo nome non deve essere limitata alle prossime scadenze elettorali.

Parole che fanno riflettere.

Della serie “Leggere per non ignorare”.

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