Miglior prima pagina di giornata? Quella del Manifesto per distacco.

Sembra si stia avviando il percorso da Presidente del Consiglio di tal Mario Draghi. Ancora non è scontato, ma se uno come l’ex Presidente della BCE accetta (con riserva) l’incarico dato da Mattarella significa che qualche garanzia dovrà pur essere arrivata.

Il Manifesto (immagine di copertina) ha colto l’essenza del momento con la massima sintesi di quel “Il Commissario”.

Oggi ho ascoltato alcuen voci a commento della mossa del Quirinale.

Io faccio questo articolo più che altro per avere da parte alcuni documenti filmati e un paio di ritagli di giornale.

Intanto ricordiamo per sommi capi che tutto nasce dagli ordini presi dai protagonisti qualche anno fa.

L’utile idiota di turno, tal Matteo Renzi, ha fatto ciò che doveva costruendo l’innaturale alleanza PD-5 Stelle che ha poi distrutto a tempo debito eseguendo gli ordini ricevuti al Bilderberg, perché in quella sede cosa volete che chiamino a fare un ciarlatano come quello se non per dare ordini.

Mattarella, e qui salvo il primo contributo video, ha detto tutto nel suo discorso di ieri.

Faccia tirata, forse anche troppo, ma parole nette. il Presidente ha snocciolato una serie di scuse inaccettabili per giustificare il non scioglimento delle Camere e il conseguente ricorso al voto.

Tra pandemia e scadenze indifferibili è stata la sagra del falso.

Basti pensare che in piena pandemia l’Olanda, seppur per pochi mesi, andrà al voto anticipato così come Israele lo farà per la quarta volta in soli due anni (e guardate come stanno tenendo in pugno la popolazione con fare nazista).

Il tema delle scadenze fa altrettanto ridere se penso che il piano per il Recovey Found (Fondo di Ripresa per noi italiani), sul quale stendiamo un velo pietoso, avrebbe dovuto essere presentato prima di dicembre, così ci avevano detto, e ora la data di scadenza è diventata aprile.

Scuse puerili di un Presidente che può comportarsi così come ha fatto a patto che si possa dire che sta tirando la corda quasi fino a spezzarla perché le sue prerogative sarebbero quelle di chi salvaguarda la sovranità popolare fino all’ultimo e non di chi consegna il Paese nelle mani di un Mario Monti elevato all’ennesima potenza. Però come ho detto lo può fare e lo ha fatto.

Mario Draghi, che si presenta con un breve discorso, ha il favore della stragrande maggioranza dei media di regime, anche se qualcuno, come da prassi fa il bastian contrario.

Ho notato un atteggiamento diverso dal solito. Volto tirato anche quello di Draghi. Dato che non credo sia l’emozione per l’incarico visto il curriculum di Draghi ho la sensazione che ci sia dietro altro, ma non so dire cosa.

Coi ritagli dal CorSera, pronto a incensare il divo Mario, faccio notare una cosa.

Già qui vedete la sviolinata per l’orfano – come se fosse l’unico al mondo – che ha studiato dai gesuiti – di questi tempi tra El Papa e l’ormai ex Presidente del Consiglio Conte i gesuiti vanno di moda dalle nostre parti – e che ha salvato l’euro. Poi sotto si ricorda il “Whatever it takes”, il fatto che passasse i compiti agli altri – come Berlusconi (che però si faceva pagare). Che bravo! – e amasse il latino (anche se l’inglese gli si addice di più). E infine la lettera al Financial Times con l’apertura alle politiche keynesiane in tempo pandemico.

Altro blocco-sviolinata poco sotto con l’elogio fatto da Mattarella, il suo amore per i giovani – da capire se sia del tipo paterno o altro – e di nuovo il motto definito keynesiano, ma che in realtà è qualcosa di diverso.

Qui arrivo con il mio appunto. Se non si discute l’ovvia preparazione ed esperienza di quei che fu alliveo del mitologico professor Federico Caffè – ma giova ricordare che dopo averne assorbito la tecnicalità e il sapere si allontanò dalle teorie proposte dal suo mentore – io sono per raccontare la storia per intero e non solo la parte che più piace o fa comodo.

Mancano quindi elementi fondamentali per tracciare il ritratto. Dal suo essere uomo di Goldman Sachs all’essere stato artefice delle svendite di Stato del nostro Paese. Senza dimenticare che l’elogio del “Whatever it takes” nasconde il fatto che quei soldi sono andati a ingrossare l’inflazione mastodontica del settore finanziario e hanno contribuito a indebitare i Paesi della zona euro in modo da metterli in condizione di essere sempre più succubi dei mercati.

Per questo motivo, e non solo, la storia del Draghi fa per lo meno dubitare sulla bontà della scelta, peraltro eterodiretta, del Presidente Mattarella.

Come al solito però toccherà attendere per toccare con mano e capire a cosa stiamo andando incontro, sempre che – ma penso che alla fine la maggioranza la troveranno – qualcuno non decida che è troppo e si deve tornare, nel bene e nel male, al primato della politica a partire dalla parola data al popolo.

In questo momento il mio motto di accoglienza dell’esecutivo Draghi sarebbe: “Non ci resta che piangere!”. Ma sono in malafede e aggiungo che spero di sbagliarmi.

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